Pifferai magici

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Nel medievale mondo di Hamelin il pifferaio libera le case e le strade dai topi affascinandoli con una musica che li porta a morire affogati nel fiume; lo stesso pifferaio, non avendo ricevuto la ricompensa concordata suona altra melodia attirando a sé, con forza irresistibile, i bambini fino ad una montagna incantata prossima alla città; entrati in una sorta di grotta, i bambini scompaiono, salvo uno zoppetto rimasto attardato e deluso.

Favola o realtà raccontata a mò di favola per non ripercorrere un episodio che aveva sconvolto la vita dei cittadini di Hamelin, in Germania ove 130 bambini scomparvero nel 1284, come sembrano testimoniare residui di disegni, vetrate, scritte scultoree e intitolazioni di strade?

Otto secoli dopo, non una cittadina ma il mondo intero sembra necessitare l’intervento del pifferaio magico della fiaba; a doverci liberare, però, non è il flauto con la sua musica solitaria e campestre, ma complesse musiche nuove che per essere apprezzate necessitano di vecchi e giovani direttori con imponenti e rumorose orchestre.

In tanta musica la voce del flauto rimane flebile e la sua magìa così bella e attrattativa ma anche così pericolosamente vendicativa forse non si riesce a percepire. E’ una sottile presenza, tuttavia, che va conducendo, ora al fiume, ora alla montagna.

Le nuove Hamelin

Svegliati nel cuore della notte col presentimento affannoso che qualcosa di pericoloso si avvicinava, avevamo tirato un sospiro di sollievo; era stato solo l’effetto delle cattive notizie che venivano da una sconosciuta e lontana città della Cina.

Wuhan, capoluogo di una piccola provincia era stata isolata dal resto del mondo per una eccessiva morìa da polmonite virale. Esercito per strada a evitare qualsiasi accesso alla città di 11 milioni di abitanti, confinati nelle proprie abitazioni. Tutto sotto controllo, tutto ok.

Ci siamo nuovamente svegliati nel cuore della notte, già prossima la primavera, con la certezza che anche la nostra piccola Hamelin era invasa dai virus, così lontani,ma così vicini ormai, sconosciuti e pericolosi.

Ci siamo, così, ritrovati in un orizzonte racchiuso fra le mura di casa, spesso troppo vicino per poterlo contemplare.

Le uniche notizie sono ora sul contagio che incomincia visibilmente a estendersi, inarrestabile e incompreso.

Ricoveri generalizzati e senza esami previ, contagi incrociati, prime morti fra gli anziani, fra i medici, fra i ricoverati nelle residenze, poi nelle case, a volte lasciati soli ,assalto ai viveri, ai voli di ritorno e poi ancora inesplicabili nuovi contagi, zone arancioni e infine zone rosse, con raccomandazioni, con inviti pressanti, quindi con prescrizioni e pesanti sanzioni: tutti a casa, nelle abitazioni, non si esce se non per andare in farmacia, ai supermercati, alle tabaccherie, alle banche, alla posta; basta lavoro non essenziale, è di fatto inutile, basta andare in chiesa, basta riti liturgici, a che servono?

Disciplina, autocontrollo, ci vuole disciplina, stiamo in casa, facciamolo per i nostri vecchi cui dobbiamo tanto, andrà tutto bene…o forse no. Forse.

Si provano farmaci utilizzati per altre infezioni, chissà che funzionino; a volte cure palliative, quando uno già non respira e va a morire; i respiratori mancano e le unità di terapia intensiva non hanno le occorrenti dotazioni per questo tipo di epidemia…

Per la popolazione, distanziamoci un metro, meglio due, utilizziamo le mascherine, ma dove sono? E chi le produce? Mah…

Cos’è questo virus? Un coronvirus, uno nuovo, si chiama Covid 19.

Accorrono esperti, ricercatori, giornalisti, complottisti, economisti, politicanti e poderosi rappresentanti delle istituzioni: ognuno apporta le sue …competenze, le conoscenze più intime della natura, le notizie raccolte qua e là, le ragioni del sorgere del contagio, le proposte finanziarie per affrontare la crisi più grave da… da quando? da sempre o dalla fine della seconda guerra mondiale, fa lo stesso, per dire stiamo tutti uniti, ci pensiamo noi, ci penso io.

Un ricordo lontano di musica e suoni del milanese mi affiora: arriva la banda e sì è proprio lui, è il tamburo principal della banda d’Affori, che comanda cinquecentocinquanta pifferi, che passion che emozion quando fa bum bum…

Passano le settimane, col fiato sospeso, con l’affanno di tanti operatori, le cifre del contagio giornaliero con le sue morti e con le file di camions militari che trasportano nascostamente le bare; dalla Cina vengono a insegnarci come fare e ci portano materiale sanitario, anche un monte di mascherine ad uso, fate voi.

Passano altre settimane le cifre del contagio giornaliero con le sue morti si abbassano, almeno qui, e la popolazione non essenziale sta ancora fra le mura di casa; siamo vicini al picco si dice, si scorge una piccola luce nel tunnel, non bisogna abbassare la guardia sennò si perde tutto lo sforzo; l’economia pericolosamente arranca ma si assicura che si troveranno miliardi per tutti, con l’Europa o senza di essa, intanto ecco un po’ di milioni per chi proprio non ce la fa.

Quando finirà?

E’ presto per saperlo, bisogna fare più tamponi, ma non ci sono reagenti a sufficienza; altre prove si dovranno fare per attestare che tu non contagi più e potrai uscire; è ovvio, ti necessiterà una patente e un codice individuale, purtroppo le prove sul sangue non sono ancora del tutto attendibili.

Le morti crescono ma di meno; si faranno tanti più tamponi, sarà dimostrato che la letalità del virus è bassa in definitiva, l’1%, forse meno e con la bassa letalità saremo più tranquilli, certo bisognerà conviverci ma nel frattempo, si ripete continuamente, avremo guadagnato tempo per riattrezzare gli ospedali per riconvertire aziende a produzioni di sanitari .

Ritornerà come prima, ancora una volta tutto andrà bene…

Ma, dando uno sguardo al mondo ci accorgiamo che ovunque si ripete la stessa pellicola; non c’è al momento nessun buon fine; per favore, si consiglia, concentriamoci sul nostro, chè a guardare troppo attorno, rischiamo di non venirne a capo.

Altre Hamelin, ovunque nel pianeta, abbisognerebbero di capaci pifferai ma la musica non deve cambiare, i direttori d’orchestra sono gli stessi e al momento sono qui, sono troppo impegnati.

La musica viene interscambiata on line, bisogna apprenderla e suonarla con gli strumenti che ci sono. E dove gli strumenti mancano del tutto? Scusate, non possiamo, al momento spostare l’orchestra.

Le previsioni sussurrate sono che non tutte le Hamelin ce la faranno a superare la situazione se il virus impietosamente sarà dilagato prima dell’approntamento di un vaccino, almeno un anno dovremo, dovranno resistere; sono fotografie, spesso duplicate,della stessa umanità alle prese con l’instancabile Covid 19.

Conservatori e scuole di musica

Per essere buoni musicisti, si sa, occorre esercitazione continua, sviluppo dell’apprendimento, frequentazione di conservatori e scuole capaci di insegnare, tecnica compresa.

Se hai amato la musica non la lascerai e in essa troverai ragioni di vita; se ne avrai il demone conseguirai altre nuove armonie della bellezza e potrai financo inebriare stimolando la voglia di partecipare all’orchestra anche moltitudini inesperte. E’ il miracolo della passione che apporta inaspettate conoscenze e benevolmente contagia.

Se, invece, esibirai il pezzo di carta la tua musica non commuoverà , sei solo diventato un direttore d’orchestra, applausi inclusi. Questo è tutto.

Fine dei concerti

La rappresentazione virale, vagamente vagneriana, sembra volgere al termine in alcuni teatri del mondo; in quelli cinesi alle ultime battute, gli spettatori aspettano quel finale che tarda ad arrivare; nelle sale qualche timido sussurro e un grido si alzerebbe, “quanta è bella la morte, da subito”; come una volta accadde al teatro San Carlo di Napoli; ma nella Cina è tutto ordine e compattezza, disciplina,ascolto e ripetuti applausi.

I teatri, in quella regione così remota e divenuta così vicina, cominciano a svuotarsi, gli spettatori si trovano ora allineati in lunghi e angusti corridoi di uscita, ognuno col proprio codice, col suo riconoscimento facciale, con la certificazione di avvenuta guargione, col libretto della rappresentazione da imparare a memoria per gustarne la potenza, l’inventiva, la capacità straordinaria del musicista, del direttore e dell’orchestra tutta.

Gli apprezzamenti però sono pressochè unanimi nei tanti teatri, performances collettive coinvolgono e promettono altre interessanti inedite rappresentazioni a livello mondiale, come nelle serie televisive più accattivanti.

Ancora una volta mi sovviene la canzone :… guarda qua mentre va, le oche fan qua qua… le ragazze diventan timide… lui confonde il Trovator con la Semiramide… forza Luigi…che c’è il tramvai, lui con un piede nel binario sta in mezzo ai guai… fermate il tram spostate il tram… scendon tutti che baccan e lui con calma e serietà cerca la banda dove sta. E’ il tamburo principal della banda d’Affori.

Le Hamelin del tempo che verrà

Davvero tutto andrà bene, coi colori dell’arcobaleno, come disegnati dai grandi e piccini?

Al momento quei cartelli aiutano, come pure la musica ai balconi, gli applausi a medici e infermieri, i nuovi programmi di ascolto, le immagini sulle bellezze dei paesi trasmesse sulle reti.

Ma sapremo reagire se ci verrà chiesto od ordinato, di usare solo i ristretti corridoi, con debita certificazione, lasciando serrate le porte dei teatri per chissà quanto tempo?

Ci impegneremo a pagare le ricompense pattuite?

Saremo in grado di scegliere la musica e di ascoltare il sottile suono del flauto senza lasciarci irretire da tamburi poderosi che comandano le centinaia di pifferi sintonizzati su due o tre note, ripetute senza fine?

L’urgenza di risposte reattive

Domande a cui occorre dare inequivocabili e forti risposte.

Perchè è immorale contrarre sempre più debiti con la natura, consapevoli che a pagarli saranno i nostri figli, i nostri nipoti.

Perchè è insopportabile che per la supposta difesa della mera vita biologica vengano compresse a oltranza libertà dell’uomo, quando invece i poteri costituiti avrebbero potuto e dovuto promuovere l’investimento in strumentazioni e apparecchiature sanitarie, lo sviluppo equilibrato della ricerca, la condivisione dei beni, la protezione dell’ambiente.

Perchè non è più sopportabile assistere o partecipare alla sottrazione ed alla dispersione delle risorse a danno di tutti noi, nel mondo dei ricchi e nel mondo dei poveri, ed ove con l’accaparramento da parte di élites si governa a forza di comandi rumorosi, e con grida sempre più dettagliate e minacciose.

Perchè non è più sopportabile che la vita valga per alcuni molto e per molti è solo un numero statistico.

Quando, in tante parti della nostra terra si dovesse estendere la uniforme compressione delle libertà, solo allora ci renderemo conto dell’importanza del sapere, della irrinunciabilità alle nostre aspirazioni, della necessità di essere uniti avversando i Leviatani dispostici o incapaci?

Bisogna arrivare proprio al fondo per sentirci coinvolti?

Non è alcun richiamo ideologico che voglio qui porre, se non quello dell’urgente necessità di immettere passione contagiosa per una vita di ogni giorno libera, non ricattata nel proprio lavoro, così marginalizzata incerta e breve in tante parti del mondo, ove lo studio e la conoscenza rimangono relegati o negati come pericolosi.

V’è l’urgente necessità di riprendere fiato col coraggio di dire no, questo non lo vogliamo, non accettiamo le tante carote sapendo quanti bastoni stanno dietro.

L’esperienza di questo assaggio di generalizzata ed uniforme, seppur giustificata ma atemporale limitazione della fondamentale libertà di movimento, ci può spronare indirizzandoci verso la consapevolezza che potremmo vivere, invece, in una pandemia di benessere condiviso e duraturo, ove i principali ostacoli si ritrovano, oltre che nelle diffuse forme di privilegiato potere, nell’apatia individuale e collettiva o nell’attrattiva del solo tornaconto personale in cui spesso cadiamo.

Un piccolo benessere condiviso vale molto ma molto di più di un supposto esclusivo benessere specie quando le tante Hamelin del mondo sono invase dai topi .

Propositi e aspettatitive di un sogno che probabilmente rimarrà tale; nel breve e impulsivo risveglio domandiamoci almeno cosa siamo noi, e che ci facciamo qui, in questo piccolo pianeta dalle innumerevoli ma tanto simili forme di vita, comprese quelle primordiali dei virus che tante paure e debolezze ci apportano .

Aprile 2020

6 comments / Add your comment below

  1. Giuste e puntuali le tue riflessioni. Ora io chiederei ai nostri governatori di lasciarci vivere ,di approntare programmi che ci facciano convivere con questo maledetto virus altrimenti moriremo comunque , anche se sarà di altri mali. Forse questa estenuante protezione si dimostrerà tra un po’ la vera calamità .

    1. Carissima, la vera calamità è proprio quella di una supposta inderogabile, quanto incapace voglia di tutela, a oltranza. A che sarebbero serviti gli ospedali, ancorchè inappropriati a contrastare il virus se non si fossero offertigli operatori, quasi vittime sacrificali?

  2. È sempre un piacere leggere ciò che scrivi, non illudiamoci, noi non serviamo a questo pianeta, abbiamo fatto troppi danni, è una pretesa pensare di essere sani in un mondo malato

    1. Caro Ercole, è ben vero che noi non serviamo al pianeta ma ,medio tempore, potremmo sperimentare una vita meno contaminata, difficile e incerta. Non so se mi spiego.

  3. Con piacere ho letto del pifferaio magico, dato anche il tema fiabesco a noi fresco in questi ultimi quasi-5 anni.
    È vero che non serviamo al pianeta e altrettanto vero che piuttosto serviamo al suo consumo rapido e, fino ad oggi in assenza di virus o simili “anticorpi” globali, inesorabile.
    Condivido la speranza che, una volta finito il concerto, dopo gli applausi ed i doverosi ringraziamenti, si diffonda la domanda sul cosa ci facciamo qui, in questo piccolo pianeta. Mi auguro, da padre di tre desiderate creature, che da questa domanda possano nascere tante risposte e soprattutto che queste siano all’altezza di quell’intelletto umano da sempre ritenuto così superiore a quello di qualsiasi altra forma vivente terrestre conosciuta.

    1. Grazie Piero, è di tutta evidenza che l’intelletto umano risponde, ancorchè nella sua specificità, alle medesime richieste che il vivere nel pianeta impone.
      Le giuste e proporzionate risposte si trovano, in primis, nell’habitat la cui conoscenza è preordinata ad un corretto agire.
      Gli animali in libertà vivono la loro esperienza grazie all’unicum di conoscenza e comportamento indirizzati secondo gli strumenti di ciascuna specie.
      Noi,umani, così potenzialmente dotati,viviamo in un continuo dualismo, conoscenza-comportamento individuale e collettivo, che ci condotto nel corso della storia a fare grandi passi in avanti ma purtroppo anche a cadere, sprofondati, in abissi di guerre, orrori e devastazioni. Per questo è bene metterci in attento ascolto del sottile e campestre suono del flauto che la natura continua a darci, suono di vita e di ammonimento.

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