Riflessioni sul Dio cristiano di Hegel – Lettera al filosofo Vito Mancuso

Questo è il testo della lettera che inviai al filosofo, or sono 15 anni . Ad oggi nessuna risposta o cenno di ricevuta. Verosimilmente una e mail inviata all’indirizzo sbagliato, non volendo pensare che fu indirizzata alla persona sbagliata. Ad ogni modo le riflessioni della lettera potrebbero trovare altri interlocutori interessati al tema; esso non ha una data di scadenza da osservare!

Preg.mo Prof. Mancuso, traggo lo spunto dalla Sua bella ed appassionata lezione sul Dio cristiano di Hegel, tenuta presso il centro Maritain il 22 gennaio 2004, per comunicarLe alcune mie riflessioni sul tema della conoscenza di Dio.

La conoscenza di Dio

Premesso che i miei riferimenti filosofici e teologici sono incerti, non essendo stati ormai da alcuni decenni né aggiornati, né approfonditi, mi sono tuttavia entrati alcuni pensieri, che pur non essendo organizzati o strutturati, mi sembra che valga la pena di analizzarli assieme ,qualora da Lei condiviso.

Occorre distinguere fra le idee

Lei ha detto che le idee sopravanzano l’uomo, nella sua fase individuale e mortale di passaggio su questa terra: ciò è indubitabile, basti soffermarsi su alcune speculazioni che hanno costruito il cosiddetto pensiero occidentale. Occorre, tuttavia, distinguere fra le idee che si rivolgono all’uomo, alla sua natura ed al suo essere associato ad altri uomini, e le idee che si volgono ad altro da sé, a ciò che non è sperimentato ma, pur tuttavia atteso o desiderato. Mi riferisco, per quanto qui d’interesse, all’idee di Dio ed al suo rapportarsi con la vita dell’uomo.

La speculazione sulle scienze e sui comportamenti, ancorché mutevole nel corso dei secoli, ha seguito una traccia di sedimentazione, sovrapposizione ovvero di netta distinzione (vedi le smentite sulle cosiddette verità assolute nei diversi campi) , suscettibile di ulteriore approfondita analisi, capace di aprire nuovi e auspicabili sconfinati limiti della conoscenza, oltre l’attuale livello della razionalità umana.

Di contro, altre idee si sono rivolte e ancor oggi si volgono a considerare la ragione stessa del nostro esistere ed a cercare, quindi, la spiegazione su ciò che ci agita.

Incerte risposte

La coscienza di sé, il permanere di essa oltre la morte o l’annichilimento del soggetto,la libertà dell’agire ovvero la sottomissione di essa ad un piano definito non conosciuto né conoscibile, l’immensità dell’esistente formatosi ex sé ovvero creato, in sintesi quelle idee scaturenti dalla introspezione che ci fanno domandare chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo, hanno trovato incerte risposte , alcune ritenute accettabili ed altre, perché considerate rivelate da Dio medesimo, sono state vissute come verità .

Tuttavia non sembra che la consapevolezza su di Dio da parte dei singoli sia progredita e ampliata in forza delle speculazioni teologiche che nel corso dei secoli hanno impegnato le menti di filosofi, teologi e scienziati.

Tralascio,qui, di rapportarmi alle risposte che le religioni orientali danno alle domande escatologiche, soprattutto per la scarsa e superficiale conoscenza che ho di esse.

In ambito cristiano è utile considerare come le autorità religiose , vuoi basandosi sui testi evangelici, vuoi sulla tradizione orale dei primissimi tempi, si siano organizzate e confrontate attorno a verità rivelate e c.d. dogmatiche, capaci di offrire definitive e complete risposte a quei perché.

Acquietamento fideistico

Esse sono incapaci, tuttavia, di acquietare le coscienze individuali di fronte all’esperienza del dolore e della morte, giustificabili solo attraverso l’accettazione fideistica dei progetti sconosciuti di Dio: giacchè conformemente al Vangelo ed all’unica preghiera insegnata da Cristo, pur essendoci stato rivelato che Dio è nostro padre ed assicurato che rivolgendoci a Lui con fede, si può ottenere qualsiasi cosa, in definitiva prevale il compimento della Sua volontà e non della nostra.

Un acquietamento, in questo caso indispensabile, sol che si pensi alle volontà molteplici e contrastanti di miliardi di esseri umani!

Da questo acquietamento e da un sentimento di sconfinato amore verso gli uomini, sulla cui sorte Cristo ha pianto, può forse comprendersi meglio il sacrificio del Calvario, piuttosto che dall’idea di una sua missione di salvezza attraverso il martirio ed a tale preciso scopo inviato dal Dio Padre.

Nel Nuovo Testamento

Nei Vangeli e gli atti degli Apostoli, ivi compresa l’Apocalisse, le narrazioni di fatti, circostanze ed insegnamenti, con la rivelazione sul Dio vivente riconciliatosi con gli uomini, non lasciano grandi margini per approfondimenti teologici o per imposizioni dogmatiche, né per larghe interpretazioni sulle scelte di vita da seguire, volendo essere cristiani.

I Vangeli, se si accolgono nella loro intrinseca natura, accordando ad essi veridicità, raccontano di Cristo, della sua nascita, della sua dottrina, dei suoi miracoli, della sua morte e resurrezione, della sua ascensione e dello spirito di Dio che si effonde fra gli uomini.

In particolare, viene rivelata la vera natura di Dio, quale padre, di Cristo stesso e di tutti gli uomini, per ciò stesso fratelli di Cristo. I miracoli, in primis la resurrezione dalla morte, dovevano essere la prova della natura divina di Gesù ma Tommaso credette solo dopo aver toccato con mano.

Merita, invece, ricordare come l’apostolo Giovanni ribadisse l’insegnamento di Cristo, sintetizzato nell’amore fra gli uomini e da valere quale carta di identità dei cristiani.

In conclusione, il messaggio del Vangelo è quello dell’amore portato da Dio padre agli uomini, suoi figli, manifestato attraverso Gesù, figlio incarnato, ed è anche quello che contiene il comandamento dell’amore fra gli uomini, per la riconduzione di tutti alle beatitudini di Dio , nella completezza della creazione.


Gli altri apostoli si confermarono nella fede solo dopo la discesa dello Spirito, pur avendo assistito di persona ai prodigi ; pare che la fede degli apostoli fosse meno salda finchè Gesù era in carne ed ossa su questa terra, per non parlare della popolazione di allora, in Palestina, la quale solo in minima parte credette in Gesù Cristo.
L’anelito missionario del Vangelo è stato, nel corso dei secoli, manifestato in diverse forme ed iniziative, in ordine alle quali non è il caso qui di soffermarsi.

domande retoriche

Come si sarebbe sviluppata la storia del cristianesimo se esso fosse stato interpretato permanentemente solo alla luce dei messaggi d’amore e non anche sulla necessità di una stabile organizzazione dottrinaria e funzionale, di una autorità depositaria delle prime e ultime verità, di confronti ed accordi coi poteri ,governanti le diverse regioni della terra.

Se quel messaggio, senza le manifestazioni esteriori dei riti e delle liturgie, senza le espressioni magnificenti nelle architetture e nelle altre forme artistiche , col passare del tempo non sarebbe diventato sbiadito e inidoneo a mantenere sequele, specie fra le gente comune, quella che non sarebbe capace, assiomaticamente, di avere speculazioni di pensiero.

Infine, che significato avevano, nel tempo in cui venivano fatte, ed ancor oggi hanno per noi, uomini del XXI secolo, quelle sistemazioni filosofico-teologiche, che pretendono di organizzare le caratteristiche del Dio, attingendo alla struttura del pensiero greco e adattandolo nel pensiero cristiano.

possibili risposte

Nessun significato per il singolo uomo, se si considera che esse non hanno contribuito, nemmeno in misura residuale, a intensificare il rapporto esistenziale fra lui e Dio.

  Molti significati, invece, se si considerano sotto il profilo della permanenza della religione cristiana, quale organizzazione funzionale ai diversi sistemi politici (al riguardo il punto di osservazione è assai importante per una corretta interpretazione degli accadimenti).

Importanti significati si ritrovano, inoltre, nel processo formativo o impeditivo del pensiero occidentale, ivi compreso quello scientifico.

Riflessioni sulla percezione del divino o del non senso

Mi sento di dire che la presenza del divino nella nostra vita non si manifesta o si accresce in forza di speculazioni e studi organizzativi delle caratteristiche divine ovvero indagativi dei Suoi progetti.

Essa si può avvertire, semmai, quando ci si rivolge a considerare il creato ed a studiare le sottostanti regole di proprietà ed esistenza .

E’, inoltre , esperienza comune sentire come sublime e grandioso l’atto d’amore gratuito nei confronti altrui ( se ammettiamo che possa occorrere,ancorché accidentalmente) e da esso siamo invogliati a cogliere segnali nascosti di una provenienza e di un destino comune fra gli uomini ovvero di una presenza divina nella nostra storia.

Per contro, di fronte ad accadimenti, fatti, comportamenti singoli o collettivi carichi di non senso, di tragedie senza scampo, di tutto ciò che viene definito male, ci sentiamo soli e le spiegazioni ci appaiono inadeguate.

In tali circostanze l’assenza del divino diventa pensiero dominante ed il ricorso alla primitiva colpa , quale momento discriminante nella creazione, già voluta perfetta dal Dio, o giustificativo del male, non seduce, né acquieta, anche facendo merito a Dio stesso della libertà dell’uomo di scegliere ed operare.

Il limite divino nella libertà dell’uomo?

E’ forse questo il limite di un Dio per definizione senza limitazioni? Quello di aver lasciato libero l’uomo, fatto a sua immagine e somiglianza e, pertanto, senza limite nel bene e nel male? E’ allora in questo senso che il divino si compenetra nell’umano, la cui storia diventa un tutt’uno con quella di Dio, nel progredire della coscienza umana singola e collettiva?

La quotidianità

Noi trascorriamo la massima parte del nostro tempo in pensieri ed azioni cosiddette terrestri, spesso mediocri e contingenti, rivolte a finalità che in verso od in un altro possono definirsi di sopravvivenza, di soddisfacimento di bisogni e di benessere: la felicità.

L’esperienza in noi e presso gli altri di malessere, di infelicità, di insoddisfazione e di morte è manifestazione della totale inadeguatezza dell’uomo in quanto tale, in quanto creatura , sia pure evoluta e pensante, di questo pianeta chiamato terra.

E’ dunque questo l’uomo creato a Sua immagine e somiglianza, oppure è quello che nell’ideale paradiso terrestre ed ancora in assenza di colpa era solito colloquiare col Suo creatore?

Soliloquio

Giacchè, non possiamo nascondercelo, il nostro colloquio con Dio è assicurato da un soliloquio la cui eco si manifesta solo in remoti o improvvisi sentori della nostra coscienza. Né giova, anzi aggrava la solitudine, l’asseveramento, col ricorso alla scienza, di interventi miracolosi che, guarda caso riguardano sempre la sfera fisica dell’uomo.

Insignificanza di certe indagini sul divino

A che scopo allora indagare ancora su Dio se Questi non ti corrisponde , indicandoti senza incertezza la via? O meglio, perché organizzare, strutturare e dogmatizzare verità divine se accettiamo che Cristo è l’incarnazione del Dio vivente e seguendo Lui,la sua Via, si centra la Verità e si ha la Vita eterna?

Così, se da un lato nel pensiero filosofico occidentale, quando onestamente è incentrato sul teologico attraverso lo studio di noi stessi e del creato, avverto q lo sforzo umano di auscultare i deboli battiti del divino, tenendo acceso il piccolo lume della ragione,viceversa, nel pensiero teologico cristiano teso a organizzare categorie e dimostrazioni sul divino, trovo la negazione stessa della rivelazione, la quale pertanto diventa superflua se non, addirittura, insoddisfacente e precaria.

Confronto di pensieri

Non voglio, per ciò stesso, negare l’importanza del confronto dei pensieri, lungo i secoli della storia umana; essi sono lo specchio dell’ansia dell’uomo di avvicinarsi alle Verità ultime.

Non sono, tuttavia segnale inequivocabile di accettazione del messaggio cristiano, il quale a livello spirituale e fideistico offre sì risposte esaustive di felicità, ma nel presupposto che sia ottemperato al comandamento dell’Amore.

Il Dio di Hegel raccolto in un testo unico

Che dire, dunque di Hegel e di quanti prima di lui hanno organizzato il mondo, l’uomo, il Dio in una sorta di testo unico, soddisfacente forse la razionalità astratta, ma non l’inquietudine del vivere e del morire?

Essi hanno grandemente contribuito allo sviluppo delle idee, forse anche di quelle più nascoste della mente, con il coraggio dei pionieri e con la solitudine dei geni.

Non mi sento, tuttavia, di dire che la loro filosofia mi sia stata di utilità o giovamento per sentire il divino più vicino. In tal senso non mi soddisfa né mi commuove od interessa la costruzione attorno al Dio rivelato che Hegel ha fatto, né le diverse interpretazioni in ordine ai momenti della tesi, antitesi e sintesi.

E’ pur sempre un Dio costruito a immagine della metodica mentale del filosofo.

Noi uomini che restiamo, comunque, ai margini inferiori della conoscenza di Dio, se manteniamo acceso, nel dubbio, il piccolo lume della ragione di fronte a Verità inesplorabili, possiamo confidarci che il nostro bisogno di eternità è forse il segnale leggibile che cerchiamo e che ci può intimamente acquietare senza una totale resa.

La ringrazio per l’attenzione e Distintamente La saluto.

Giuseppe Gioffrè

3 comments / Add your comment below

  1. Carissimo, dopo queste interessanti e profonde considerazioni c’è una sola domanda che mi turba. Gesù, rivolgendola ai suoi discepoli e indirettamente a tutta l’umanità imbarazza e, come si usa dire, “ci mette con le spalle al muro”. Solo uno dei dodici discepoli risponde. E la risposta è rivoluzionaria e sconvolge la vita di chiunque ne percepisce l’importanza della stessa. In Matt. 15: “Gesù dice loro: Ma voi chi dite che io sia?” (Nessuno rispose!) Presa la parola Simon Pietro disse: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente!”.
    Questa è la scelta che liberamente, senza costrizione alcuna, ci viene chiesta. E’ il vaglio. Il tormento infinito: o con Lui o contro di Lui. Altro non è possibile. Ma c’è, anche tra i cristiani, chi cerca di mediare. Come il paradossale compromesso che il Dott. Enzo Bianchi, il Priore di Bose tanto apprezzato da papa Francesco, che nella sua conferenza del dicembre 2018 dal titolo: “Leggere oggi il Peccato Originale nella Bibbia e nella riflessione dei cristiani”, ne ha fatto una lettura senza considerazioni sul divino. Lui stesso, monaco, che prendendo a modello San Francesco, che del divino viveva, pretende di razionalizzare ciò che è impossibile. Come tanti filosofi e teologi che ne fanno fantateologia per dare ragione al proprio ego. Il pensiero va a quell’episodio di S. Agostino che, assorto sul mistero di Dio, passeggiando su una spiaggia lungo il mare incontra quel bambino … . Così come quando si cerca di comprendere il testo biblico riguardante la Creazione e il Peccato Originale così come è scritto per universalmente capirlo e che, cavillosamente, si vuole studiare al fine di trovare, da traduzioni di parole antiche, motivi attestanti possibili certezze razionaliste. L’errore sta nell’accostarsi alle parole della Sacra Scrittura con spirito illuminista, cioè con la pretesa che tutto il sapere deve necessariamente arrendersi a quello che è scientificamente dimostrabile con la ragione. Ciò che io, fino a qualche anno fa, pensavo e sostenevo. Ma l’unica via che ho trovato, dopo aver scandagliato con il mio piccolissimo lume che mi è stato dato; non dall’evoluzionismo come Enzo Bianchi sostiene, dove l’argomento anima è tabù, sta nell’arrendersi alla fede, al Divino e all’Eucaristia (San Francesco).
    Nella vita si può essere allegri, lieti e gioiosi, mai felici. La felicità non è di questo mondo. Solo nell’altro dove tutte le ansie dell’anima nostra avranno colmo e definitivo ristoro.
    In questo spero e mi arrendo.
    Cesare

    1. Caro Cesare, condivido che volere ricondurre tutta l’esperienza umana a mera razionalità è riduttivo, nel senso che ciascuno di noi avverte una sorta di inesplicabile esistenziale, specie in determinate situazioni o condizioni, personali e collettive. Ma quanto ci sopravanza non necessariamente è da considerare fondato e veritiero perchè lo sostenta la fede; la quale, anch’essa, almeno in parte è conseguenza di essere nati e cresciuti in un contesto familiare e sociale, che possiamo riassumere, cristiano. Ciascuno di noi, se nato e cresciuto altrove, avrebbe avuto un approccio diverso nel valutare e nel sentire le medesime esperienze. Ciascuno di noi è calato nel suo proprio tempo e spazio. In definitiva, facciamo parte della natura, non ti pare. Grazie per il messaggio

      1. Carissimo, l’essere prigionieri di “un contesto familiare e sociale, che possiamo riassumere, cristiano” non ci esime dall’esercitare l’uso della ragione e del libero arbitrio nelle condizioni di spazio, tempo e cultura che ci è stato concesso essere.
        Come possiamo misurarci noi, esseri finiti, con l’universo umano, e astronomico, infinito? Non voglio mentalmente masturbarmi alla ricerca dell’esaustiva risposta che, ovviamente, non conosceremo mai.
        Mi “arrendo” alla mia insignificante esperienza.
        Stammi bene.
        Cesare

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