Protagonisti e comparse di una guerra anomala
Hamas nella striscia di Gaza, Hezbollah nel sud del Libano, ANP nella Cisgiordania, Huthi nello Yemen occidentale, Israele e Iran, Siria, Qatar, Arabia Saudita, Egitto, Giordania, Stati Uniti, Russia, Cina, Unione Europea, ONU- Cessate il fuoco del 19 gennaio 2025- Vie d’uscita- A chi ha giovato la guerra? A chi gioverà la pace?
Tutto sembra aver avuto inizio quella mattina del 7 ottobre 2024 quando Hamas lanciò un attacco in territorio israeliano uccidendo circa 1400 persone tra civili e militari e trascinandone a Gaza altre 240.
Riassunto degli accadimenti
Un breve resoconto degli accadimenti dopo il 7 ottobre fino ad oggi:
il governo israeliano a guida Netanyahu, ha messo sotto assedio il territorio di Gaza, confinante a sud con l’Egitto, ha ridotto a macerie tutta l’enclave palestinese, bombardando incessantemente e occupando militarmente quel territorio.
Il bilancio delle vittime, fra le quali moltissime donne e bambini, è di almeno 45 mila morti e di circa 150 mila feriti, in una popolazione già di 2 milioni di abitanti ristretta su una superficie di 360 km quadrati.
Gli ostaggi sono stati in parte scambiati con prigionieri palestinesi, nelle carceri israeliane, durante i brevi periodi di tregua.
La popolazione palestinese di Gaza è stata castigata con la distruzione delle fonti di energia, di acquedotti, case, strade, ospedali e scuole e con la proibizione quasi costante di aiuti umanitari sufficienti; il castigo sarebbe per la implicazione della stessa popolazione con la governance di Hamas.
La controffensiva in territorio israeliano è stata continua ma inefficace; l’Iran, nemico giurato di Israele, ha lanciato in date diverse 2 bombardamenti preannunciati e concordati su territorio israeliano, producendo limitati danni; sono seguite due più robuste rappresaglie israeliane in territorio iraniano; niente più.
Gli Huthi hanno compromesso per un po’ di tempo la sicurezza dei trasporti commerciali, assaltando o bombardando navigli diretti a Israele, avendo come contropartita bombardamenti dissuasori da parte statunitense e francese; saltuariamente sono stati lanciati missili su Israele senza risultati particolarmente dannosi.
In risposta ai missili, di piccola e media gittata da parte di Hezbollah, che ha costretto Israele a evacuare una porzione di territorio, confinante col Libano vi è stata, in una seconda fase della guerra, una occupazione armata del sud del Libano accompagnata da intensi bombardamenti su presunti luoghi di concentrazione degli armamenti nemici e nella capitale di quel Paese, Beirut.
Anche nel Libano si sono registrate morti fra la popolazione civile, forse più di mille; l’esercito israeliano si è già ritirato lasciandosi tuttavia l’opzione di rientrarvi se Hezbollah dovesse riprendere i bombardamenti.
In Cisgiordania frattanto, con l’assoluta inerzia militare della ONP, Israele ha continuato la lunga marcia di occupazione di territori da parte di suoi coloni, sotto protezione dell’esercito, l’abbattimento di costruzioni palestinesi, la chiusura di strade e di attività commerciali, l’imposizione di restrizioni alla libera circolazione degli stessi abitanti in quel territorio, che resta formalmente governato dalla Organizzazione Palestinese.
Le alture del Golan, già territorio siriano, continuano ad essere sotto stretto controllo e appartenenza di Israele che, più di recente, dopo la caduta del regime del dittatore Assad, ha spinto la sua presenza assicurando con bombardamenti altre strisce di territorio, a garanzia della legittimità del possesso conquistato nel 1967.
La knesset ha costantemente appoggiato la politica di guerra di Netanyahu ed ha preteso, anzi, in più occasioni, che le azioni belliche non si interrompessero.
Nello stesso governo vi sono stati dimissioni dei cd falchi, i più intransigenti volendo concludere la guerra solo con l’annientamento dei nemici e con la occupazione di tutti i territori, “storicamente” appartenuti al grande Israele.
L’appoggio militare e finanziario degli Stati Uniti è stato assoluto e congruente con gli obiettivi di difesa del territorio israeliano e della eliminazione di qualsiasi capacità offensiva dei nemici di Israele in territori palestinesi e confinanti.
L’unione Europea ha appoggiato il diritto di Israele a difendersi ed ha continuato a intrattenere rapporti commerciali anche nel settore degli armamenti.
Si è, quindi, messa ad osservare gli accadimenti, salvo qualche iniziativa spuria per un cessate il fuoco o di condanna degli eccessi a danno della popolazione civile palestinese o di riconoscimento tardivo dello Stato di Palestina.
La Russia e la Cina non hanno svolto nemmeno un ruolo conciliativo, limitandosi a votare in maniera discontinua nel consiglio di sicurezza dell’ONU, il cui segretario genale Gutierrez è stato severamente ammonito da Israele per un comportamento suppostamente antisemita, avendo dichiarato agli inizi della belligeranza che il massacro ad opera di Hamas non era sorto dal nulla, bensì da 57 anni di controlli e repressione israeliani su quei territori.
L’Arabia Saudita ha interrotto gli accordi di riconoscimento di Israele, conosciuti come gli accordi di Abramo; il Qatar ha interrotto l’invio di consistenti finanziamenti ad Hamas di Gaza, già favoriti dalla compiacenza di Israele, ma ha mantenuto il suo impegno per giungere al fine ad un cessate il fuoco assieme, principalmente all’Egitto, solo dal quale, quasi sempre, sono stati permessi aiuti umanitari, di modesta entità, salvo dalla scorsa settimana.
L’Egitto, tuttavia, rifiuta di ricevere nel suo territorio profughi palestinesi dalla striscia di Gaza, come pure la Giordania, ove i rifugiati da quei territori di confine sarebbero milioni.
Aspettando Trump?
Si aspetta che la nuova amministrazione statunitense, a guida Trump, possa rivelare quanto prima le vie d’uscita da questa guerra, così anomala e così sbilanciata per le forze in campo.
Quanto resta della Palestina
Quanto resta della Palestina
La striscia di Gaza è distrutta, la Cisgiordania è sotto strettissima sorveglianza, limitazioni e controllo e occupazione dei coloni, ove Al- Fatah e la connessa Autorità sono inadeguati ad assicurare autonomo governo.
In sostanza i palestinesi, ora più di prima, non hanno propri territori su cui contare o costruire un loro Stato.
Hamas ed Hezbollah sono stati ridimensionati o annichiliti ei loro capi uccisi con operazioni mirate.
Verso un nuovo Israele
Nel mentre i nemici storici se ne stanno alla larga, utilizzando soliti proclami, Israele non vuole tornare indietro e non intende riconoscere uno Stato Palestinese avendo già rifiutato “de facto” la spartizione fatta a suo tempo, dopo la seconda guerra mondiale.
In sintesi non vuole più avere a che fare con la popolazione “araba” insediata su quei territori considerata ideologicamente e religiosamente ostile allo Stato di Israele nonostante il trascorso del tempo.
Meglio pertanto, secondo Israele, trovare spazi di vita per la popolazione araba, sic palestinese, in territori con confini già consolidati e omogenei sotto il profilo etnico e religioso : Egitto e Giordania “in primis”.
L’annessione della Cisgiordania, territorio che nella storia si identificava con la Giudea e la Samaria, appare un processo irrinunciabile per Israele che vuole riconsiderarsi alle sue origini da terra promessa, come pure la striscia di Gaza che darebbe continuità alle sue spiagge fino al confinante Egitto e Sinai.
La guerra scatenatasi il 7 ottobre 2023 in risposta al massacro operato da Hamas ha rivelato via via obiettivi che vanno per Israele ben oltre la stretta risposta ad una operazione bellica, vale a dire verso una rideterminazione di confini e di etnie in quei territori.
Capire il senso di un tale conflitto
Non è improprio, allora, domandarsi sul senso che quest‘ultimo conflitto ha ed ha avuto per gli antagonisti confinanti di Israele.
Forse per Hamas è stata una vendetta propiziatrice di alleanze e avvio di ostilità da parte dei cd nemici storici per sovvertire lo stato di profonda minorità dei palestinesi.
Può anche darsi che Hamas non si aspettasse una reazione di tale prontezza e portata da parte di Israele.
Lo stesso dicasi per la strisciante ostilità da parte di Hezbollah.
Ma è’ difficile credere che il tutto sia iniziato solo dall’impazienza di quei capi politici e militari.
Non sembra plausibile accettare una tale impreparazione e imprudenza, quanto piuttosto che sia saltato un insieme di pre accordi e di relazioni fra soggetti uniti nel contrasto di Israele; relazioni e accordi intessuti da anni con trame rivelatisi, alla fine, una sorta di trappola senza uscita per la popolazione palestinese.
Ecco dunque che la detenzione di ostaggi ha assunto un ruolo opposto a quello preventivato.
Il loro completo rilascio alla prima tregua avrebbe potuto rimodulare la risposta bellica di Israele; per contro, la loro ritenzione ha portato che la cd comunità internazionale sopportasse la distruzione della striscia di Gaza e i crimini di guerra col castigo indiscriminato della popolazione per debellare Hamas.
Tornando al 7 ottobre 2023, è credibile che i “servizi” di Israele, dei suoi alleati od anche dei suoi nemici storici non sapessero nulla del programmato massacro, o che abbiano sottovalutato le avvertenze?
E’da complottisti domandarsi se per Israele quella data è stata considerata la buona occasione per definire una volta per tutte il proprio status territoriale nonostante effetti collaterali di perdite di vite umane?
Ed ora come e con chi si fa la pace se il nemico è annichilato?
Possibili considerazioni
Da qui alcune possibili conclusioni.
La pace si vorrà offrire a tavolino, pretermettendo i palestinesi di Gaza e Cisgiordania che dovranno accettare l’inevitabile conseguenza, quella cioè di vedersi assegnati altri territori, fuori dal nuovo, più grande e affermato Israele.
Giacché è stata ed è una colossale menzogna quella di auspicare due Stati che si spartiscono pacificamente porzioni di territori, non confinanti e interclusi, vedi quelli attribuibile al popolo palestinese di Cisgiordania e striscia di Gaza.
Ma se è di tutta evidenza che questa strana guerra giova e ha giovato solo a Israele, è altrettanto evidente che solo una appropriata salvaguardia dello status di cittadinanza palestinese all’interno di altri territori idonei, sarebbe in grado di porre fine a ulteriori e più vasti conflitti in quella regione o alle spirali di odio infra generazionali che le innecessarie morti hanno finora provocato.
Gli Stati minori, confinanti con Israele saranno portati, speriamo con le buone, ad accettare una redistribuzione di popolazione palestinese nei loro territori accordando ad essi consistenti finanziamenti risarcitori e di sviluppo economico.
Fine della storia, almeno per in po’.
Corralejo 25 gennaio 2025